Il Laboratorio della Democrazia
UN PROGETTO DI CEM MANSUR
Il Laboratorio della Democrazia – Una Sessione Orchestrale
In tutto il mondo, i promotori musicali sono ormai sempre più preoccupati riguardo all’invecchiamento e alla progressiva diminuzione del pubblico interessato alla fruizione di spettacoli di musica classica. C’è una pervasiva e generale sensazione che questo tipo di musica non sia più rilevante nel 21esimo secolo, un’era in cui la gratificazione istantanea e brevi tempi di attenzione sono diventati la norma. Tutto ciò ha ampiamente a che vedere con il dare per scontato la grande tradizione della musica classica.
Come parte di un programma educativo, la musica classica ha bisogno di essere presentata in un contesto che riaffermi il suo valore senza tempo e la sua universalità come anche il fatto che essa può fungere da strumento per la coesione sociale e l’integrazione delle comunità di migranti o minoranze in genere.
Qualsiasi affermazione riguardante il fascino universale della cultura musicale “occidentale” rispetto ad altre può essere vista come “eurocentrica” e politicamente poco corretta.
Tuttavia, condividere pensieri riguardanti i valori universali propri della musica e trasmissibili attraverso la stessa, è fondamentale per accrescere nel pubblico un senso di appartenenza ed assicurare partecipazione, e anche finanziamento, al settore musicale.
Come musicista che ha avuto l’opportunità di esplorare la validità di queste argomentazioni in suolo straniero, il direttore turco Cem Mansur è in una buona posizione per sostenere questa tesi per cui la musica classica occidentale possa essere utilizzata come efficace strumento per promuovere l’integrazione culturale, attraverso la partecipazione di orchestre e teatri d’opera locali.
Nelle parole di Cem Mansur, di seguito una sintesi del suo approccio al Laboratorio della Democrazia.
Coesistenza, identità, tempo.
Sulla base dell’esperienza passata, posso proporre una sessione di due ore che può essere ripetuta più volte e anche in luoghi diversi. Questa sarebbe una sorta di prova aperta o un seminario, seguito anche da un concerto (dove le condizioni e il tempo lo consentono). Come introduzione all’evento principale si potrebbero anche organizzare delle “uscite” nelle comunità per avviare delle conversazioni sul ruolo della musica classica; perché sento che ha un messaggio che può andare ben oltre le condizioni storiche e geografiche della creazione di questi capolavori; i valori universali a cui aspira il mondo intero e che esistono nel codice emotivo nella musica scritta; la dichiarazione dei diritti umani, i progressi nell’assistenza sanitaria, la Riforma, l’Illuminismo, la rivoluzione industriale, ecc. Discuteremo la questione dell’identità e perché le comunità di immigrati generalmente evitino la cultura classica tradizionale (come andare a concerti e a teatro) quando in realtà questo permetterebbe loro di sentirsi a casa in identità multiple senza doverne scegliere una sola. La musica può aiutare a stabilire una connessione emotiva con la storia e la cultura del paese ospitante. Ascoltare Beethoven nella nostra vita ci può solo rendere più ricchi, non meno turchi, inglesi, italiani ecc. La musica è l’unico mezzo in cui è possibile una doppia identità nazionale. La musica ci dimostra l’inutilità di sottostare a rigidi stereotipi nazionali.
Questa sessione di prove aperta al pubblico si chiamerebbe:
“Il Laboratorio della Democrazia”
Democrazia e Orchestra Sinfonica non sono quasi mai citate in uno stesso discorso, ma io vorrei dimostrare che l’orchestra è la migliore metafora di una società in cui interagiscono voci diverse e in cui elementi apparentemente inconciliabili si combinano per formare un insieme armonioso. In nessun caso la volontà e l’istinto di coesistere sono così forti come in un’orchestra. Questo, in linea con una mutevole cultura della leadership, mi permette di dimostrare che ogni istanza di conflitto umano e la sua risoluzione si trova anche nelle pagine di ogni grande sinfonia. Le prove si svolgerebbero con il pubblico presente, utilizzando i cinque concetti base della democrazia come punti di riferimento: leggi dettate dalla maggioranza e diritti delle minoranze, uguaglianza davanti alla legge, valore individuale, compromesso, libertà personale.
Inoltre, in merito alla natura della leadership: in un’orchestra non c’è posto per un dittatore musicale. Un leader può diventare necessario ed anche un “male necessario” nel contesto storico. In un’orchestra, il ruolo del direttore è quello di responsabilizzare i musicisti attraverso la condivisione di informazioni, quello di motivarli a contribuire verso un “tutto” più grande di se stessi.
Oltre a quanto già detto, durante la sessione di prove aperte cercherei anche di far riflettere sull’importanza di ascoltare le esibizioni dal vivo in un mondo in cui l’ascolto è stato per lo più limitato alle registrazioni. Questo consentirebbe di sperimentare davvero il concetto di tempo come materia prima di cui è fatta la musica, incoraggiando una cultura dell’ascolto che aiuti a dare un senso a ogni secondo come una realtà fugace, la lunghezza di una frase musicale o un’opera come metafora dell’essere vivi, la musica come unica attività umana che ci rende consapevoli della caducità del tempo e che ci incoraggia quindi a valorizzarlo. Questa consapevolezza dovrebbe essere parte di qualsiasi argomentazione sull’esistenza di un’orchestra.
